Nelle epoche antiche il Tempo e l’esistenza dell’uomo erano scanditi e vissuti ricercando la loro corrispondenza con i Cicli del Cielo, dimensione in cui l’Armonia e la dinamica espressione della Vita stessa trovavano allora, non meno di oggi, la loro originaria e ancestrale rappresentazione. L’ispirazione che indusse Greci e Romani a dare ordine e senso al susseguirsi dei loro giorni fu quindi quella di “portare il Cielo sulla Terra”, di comprendere il loro vivere come parte di un disegno più ampio di cui erano parte sia come soggetti operanti che come oggetto del suo contenimento. Questa fu la ragione per cui vennero stabiliti calendari e festività, in cui venivano celebrate le sacre ritualità in onore delle Forze Vitali, gli Dei, che presiedevano alle specifiche funzioni che in quei giorni andavano sostenute e di cui occorreva avere comprensione. I Miti, i Culti e i Riti scandivano la loro esistenza nella ricerca di un rapporto con se stessi, con la Natura e con i propri simili che fosse portatore di Speranza, ovvero fiducia nelle potenzialità umane, di Pietà, l’umile riconoscimento dei propri limiti e di quelli altrui, di Vita, nel saperla mantenere e sostenere attraverso il rispetto e l’invocazione a ciò che Dante chiamerà “L’Amor che move il Sole e l’altre stelle”. Nei tempi attuali la presunzione e un mal interpretato senso della libertà ci hanno allontanato da questi principi e questo distacco sta progressivamente impoverendo il nostro senso di umanità, la nostra capacità di comprensione, la nostra stessa Forza Vitale. Torniamo dunque alla radice delle nostre antiche tradizioni: così come bene esprime la raffigurazione di Giano Bifronte, da un rinnovato sguardo al passato può aprirsi la prospettiva di un diverso futuro.